Rivolta sociale: il popolo si muove, la politica no

 

Questo è  il ritratto di un Paese, massacrato dalla crisi e imbrogliato dalle false promesse, che fugge velocemente dalla politica.

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C’è un nesso strettissimo tra le casse vuote e le urne vuote.

L’Italia amava votare.  Adesso non è più così. Mentre il progressivo calo del Pil è il segnale di un declino industriale forse irreversibile, il governo galleggia nell’ incertezza, convalidata dai segnali del Quirinale che un giorno sì e l’altro pure fissano un termine all’ esperienza del giovane Letta. Una politica degli annunci che si sposa a quella del rinvio, mentre lo Stato ha già speso i soldi destinati a tutto il 2013. In queste condizioni, votare non è dunque un atto eroico?

La gente perde il lavoro, non vede risposte, e non vede motivo per andare al voto. No lavoro No voto. La credibilità della classe politica  è sotto i tacchi e fra qualche mese la rivolta sociale monterà a tal punto, che sarà difficile frenarla o bloccarla. Ecco perchè dobbiamo prendere atto del perchè, anche fra i vincitori di turno, non ride più nessuno: i problemi sono tanti e i soldi non ci sono.

Ormai nessuno crede più che questa classe dirigente sia in grado di portarci fuori da questa catastrofe che loro stessi hanno provocato.

L’Italia è un paese malato molto grave, che necessita di terapia intensiva e urgentissima e invece dopo due anni, fra governi tecnici (Monti) e governi di inciucium maximo (Letta 1° e 2°) ancora camminiamo sulle macerie di un Sistema Italia fallito politicamente, produttivamente, economicamente e finanziariamente; con una moria giornaliera di aziende produttive, commerciali  e dietro tutto questo uomini, donne e bambini, che patiscono la fame; giovani che non vedono un futuro per loro, e cercano di fuggire all’ estero, chi può. Una macelleria sociale, che ha fatto precipitare il paese indietro nel tempo, nel secondo dopo guerra.

Ma allora c’era stato il fascismo, c’erano state le bombe e le macerie erano giustificate dal fatto che c’era stato un evento bellico e poi il fatto che gli alleati e la resistenza ci avevano liberato dalla dittatura fascista, ci ha fatto sentire liberi e vogliosi di rinascere e crescere. Oggi i nostri politici non si chiamano De Gasperi, Toghiatti, Pertini che hanno saputo battersi per ridare speranza a una popolazione, che smarrita e sconvolta dalla guerra, ha creduto nella possibilità di farcela. Oggi la politica non ha più figure carismatiche ed è caduta talmente in basso, che ha perso ogni credibilità ed è incapace, con i  suoi rappresentanti di cartapesta, di indicare una via di uscita dalla crisi profonda in cui gli stessi l’hanno sprofondata.

Non serve avere i conti in ordine, non basta fare i compiti a casa e ricevere  il voto dall’Europa, che è diventato semplicemente un alibi per politici inetti, inefficaci ed incapaci.

Un Paese che muore non serve a nessuno, nemmeno a loro stessi. Una politica miope e narcisista, oltre che autoreferenziale ed ipocrita, non serve ad un popolo, che ogni giorno si vede precipitato nella povertà, nell’incertezza del domani, costretto al suicidio di massa e al genocidio sociale, vittima sacrificale sull’altare di una Europa dei burocrati, usuraia e monetaria, che prima ti toglie la sovranità e poi la libertà. No, nemmeno nelle società tribali l’usuraio si augura la morte dell’usurato.

Quale patto scellerato i nostri governanti hanno contratto con i nostri compagni di viaggio di questa Europa dei banchieri? A questa domanda noi non siamo in grado di rispondere ma Napolitano si.

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